Recenti ricerche ISTAT hanno rilevato che l’età del primo tatuaggio avviene nella fascia d’età tra i 26 e i 35 anni (52% della popolazione italiana), mentre il 30% riguarda soggetti d’età inferiore.
Molti individui in età quasi adolescenziale esibiscono uno o più tatuaggi. L’adolescenza è la fase evolutiva che conduce alla costruzione di una identità personale unica, mentre avviene il graduale svincolamento psicologico dal mondo familiare.
Nella nostra società l’adolescenza è la fase del ciclo di vita in cui lla relativizzazione dell’immagine dei genitori, che perdono per l’adolescente il ruolo di referenti assolutia messa in discussione dei genitori, è determinata dalla relativizzazione delle loro immagini, non più punti di riferimento assoluti come avveniva nell’infanzia, grazie alo sviluppo del pensiero astratto.contraddistinta dalla trasgressione alle norme familiari.
Nel processo di autonomizzazione dal nucleo familiare acquista fondamentale importanza per l’adolescente l’integrazione e l’accettazione nel gruppo dei coetanei.
Il tatuaggio, per certi aspetti similmente ai riti di passaggio dall’infanzia all’età adulta delle società tribali, è considerato una decorazione apprezzata dalla comunità dei pari, di cui segnala l’ingresso e l’appartenenza.
Il dolore delle incisioni della pelle nella realizzazione del tatuaggio, così come le scarificazioni che contraddistinguono il membro della tribù divenuto adulto al passaggio puberale, è accettato facilmente, perché l’omologazione e l’approvazione dei pari è fondamentale per il benessere individuale.
Il tatuaggio non è più quindi segno di trasgressione, di ribellione alle norme sociali, com’era considerato originariamente, quando contraddistingueva un gruppo di individui marginali e devianti, e come può apparire tuttora chi osserva dall’esterno il fenomeno, bensì un segno di conformismo alle regole del gruppo.
L’adattamento nella nostra società (capacità di adeguarsi alle mutevoli condizioni esterne mediante strategie di soluzione dei problemi) è considerato indice di salute mentale, mentre la ribellione storicamente è stata equiparata in vari casi a devianza e malattia. Con ribellione si intende il rifiuto di norme stabilite o vincoli d’autorità.
Quando non è cieca e riesce a tener conto dell’ambiente socio-culturale senza negarlo, è un indicatore riconosciuto di salute mentale. In essa possono trovare espressione l’originalità, la diversità, la tendenza a cambiare che caratterizzano l’individuo capace di sviluppo creativo.
Se essere come gli altri non è un criterio per stabilire la normalità, essa può fondarsi sulla capacità di generare nuove norme (normatività), cogliendo le contraddizioni e valorizzando il contrasto per integrarli in una nuova visione del mondo.
Questa possibilità emerge con la conclusione dell’adolescenza, se il processo evolutivo si conclude positivamente, quando l’identità personale è completamente formata, dopo il periodo d’inclusione nel gruppo dei coetanei, e l’individuo è pronto a collocarsi autonomamente in rapporto con la dimensione sociale d’appartenenza e le sue norme.
Gabriella Gatto
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