La parola ansia possiede vari significati etimologici che rispecchiano le caratteristiche polimorfe di questa emozione. Dall’accadico “hanaqu” che significa costringere, o “anhu” il cui significato è esausto, sfinito, al termine greco “agko”, “stringo, soffoco”, questi significati rimandano a una varietà di manifestazioni corporee che oscillano fra lo stato di costrizione e la spossatezza, fra il senso di eccessiva vicinanza e quello di solitudine e il bisogno d’aiuto.
L’ansia emerge già prima dei due anni di vita nella relazione di attaccamento tra il il bambino e il genitore che lo accudisce.
Più l’accudimento da parte del genitore è prevedibile, più l’attaccamento del bambino al genitore è sicuro: il bambino sperimenta un sentimento di sicurezza e fiducia nella relazione con il genitore. Se invece l’accudimento è discontinuo e imprevedibile, in quanto il genitore non è disponibile quando il bambino ha bisogno, ossia non è presente fisicamente o è affettivamente non disponibile (spesso a causa a causa di un lutto recente o un trauma), l’attaccamento diviene insicuro.
In questo caso le manifestazioni d’ansia del bambino segnalano l’imprevedibilità della protezione la cui conseguenza primaria è il blocco della spinta innata all’esplorazione. L’ansia ha a che fare con il tempo, in quanto paura di una minaccia futura, e si manifesta con una gamma possibile di variazioni che vanno dalla preoccupazione all’apprensione, fino al tormento, all’angoscia e al terrore.
A seconda di come la personalità si struttura, l’ansia assume differenti significati.
Negli adulti con “personalità controllanti”, l’ansia emerge quando viene meno (o si teme che venga meno) il controllo di aspetti importanti della propria vita, come la relazione affettiva con il proprio partner o l’attività lavorativa. Un caso tipico è quello del manager, molto attivo nel controllo dell’azienda e che si trova a fronteggiare un evento imprevedibile che gli impedisce di gestire l’attività come aveva fatto sinora: il senso di perdita di controllo fa emergere un sentimento paralizzante d’impotenza, in quanto il cambiamento richiesto dagli eventi è una novità non prevedibile e percepita non gestibile.
I disturbi fobici, gli attacchi di panico, l’agorafobia o uno stato depressivo importante sono caratteristici di tale scompenso.
Nelle personalità “contestualizzate” ossia sensibili al giudizio e tendenti a fare riferimento a figure esterne per orientare il proprio punto di vista o le proprie scelte, l’ansia emerge in conseguenza a un’esperienza di mancata conferma o di un giudizio critico che ha intaccato l’immagine di sé mettendo in discussione il proprio punto di vista. Tale disconferma tende a generalizzarsi ad altri aspetti di sé, determinando l’emersione del timore di non essere più accettati o stimati dagli altri, di non avere più le capacità per affrontare la vita sociale, di non essere “perfetti”, con conseguente chiusura in una sorta di auto isolamento dal quale col tempo è difficile uscire. Il punto di vista, le opinioni dell’altro divengono l’unico metro di paragone per valutarsi.
Oltre a uno stato di confusione si attiva un’ansia somatizzata fino a uno stato d’angoscia. La fobia sociale è il disturbo tipico in questo scompenso, con conseguente evitamento delle relazioni sociali.
Inoltre può instaurarsi uno stato di abulia e il disturbo ossessivo compulsivo in coloro che ricercano un’immagine di sé perfetta e inappuntabile in ogni circostanza. Naturalmente questi esempi non racchiudono tutte le tipologie di personalità esistenti e tutte le modalità di scompenso, e vi è inoltre una variabilità soggettiva molto ampia nella manifestazioni sintomatologiche.
La psicoterapia
L’intervento psicoterapico prende l’avvio con l’ascolto attento del racconto dell’episodio o degli episodi di vita che hanno scatenato la crisi, e con la ricostruzione della cronologia di eventuali episodi del passato connessi con l’attuale.
Analizzando gli aspetti salienti dell’evento critico, guido il cliente a evidenziare non solo i fatti ma anche il vissuto interno, ossia il flusso di pensieri, sensazioni, emozioni, immagini mentali che accompagna l’esperienza, e che richiede un’attenzione specifica per essere messo in luce.
Infine, viene evidenziata la spiegazione che il cliente da all’esperienza vissuta (il significato).
Naturalmente, nei primi incontri la capacità di auto esplorazione è limitata – nessuno di norma pone attenzione particolare al proprio vissuto che spontaneamente si manifesta nell’interiorità dell’individuo durante l’esperienza – ma col tempo diviene sempre più agevole coglierne l’interezza.
La ricostruzione dell’episodio critico con l’esperienza interna che l’accompagna, prende il nome di “moviola”, dal gergo tecnico cinematografico, a indicare la rivisitazione al rallenty dei fotogrammi che costituiscono una scena filmica.
Nell’esempio delle personalità controllanti, è importante individuare il sentimento di perdita di controllo di se stesso o della propria vita, non presente nella consapevolezza del cliente, e le reazioni conseguenti nel tentativo di gestire la crisi. Più avanti, nel corso della terapia, sarà possibile evidenziare le modalità relazionali di acquisizione di un senso di sicurezza personale, ad esempio privilegiando la ricerca di protezione o al contrario, la ricerca di libertà dai vincoli.
Nel caso delle personalità contestualizzate, la ricostruzione suddetta è in grado di condurre gradualmente ad evidenziare il tema del giudizio che ha determinato lo scompenso, con le conseguenti reazioni comportamentali (ad esempio l’evitamento o la dipendenza) nei rapporti con gli altri.
La psicoterapia a questo punto è ben avviata e il mio compito è guidare il cliente in direzione della scoperta di modalità personali più efficaci di gestione delle proprie emozioni e del rapporto con sé stesso, con le sfide della propria vita e con gli altri.
Tale scoperta richiede il cambiamento di prospettiva da un punto di vista rigido e limitato a una visione personale più flessibile e “ad ampio raggio”, che comprenda le nuove informazioni che emergono alla consapevolezza del cliente.
La costruzione di un nuovo equilibrio avviene quindi nel rispetto della soggettività, ed esclude qualsiasi interferenza rappresentata dalle opinioni e convinzioni del terapeuta. Infatti, il terapeuta fornisce gli strumenti per emergere dalla crisi e compiere la crescita personale, mentre i contenuti sono quelli che di volta in volta il cliente porta in terapia.
La psicoterapia è concordata per obiettivi condivisi che possono infine includere, se il cliente lo desidera, ormai libero da manifestazioni sintomatologiche o da sofferenza personale o relazionale, anche la ricostruzione della storia di sviluppo, che rivisita con la nuova conoscenza e consapevolezza gli eventi critici dell’infanzia e dell’adolescenza, in direzione una più personale narrazione degli eventi famigliari.
Dal superamento dei sintomi e del disagio si può giungere quindi a un cambiamento profondo della personalità, e al sentimento di essere finalmente più “sé stessi” che mai prima.
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